Apr 2020

Il lutto oggi: affrontare il dolore durante l’epidemia
Fino a pochi mesi fa, il tema del lutto e del morire, soprattutto per chi lavora a contatto con la malattia, poteva suscitare riflessioni sulla tendenza nella nostra società a nascondere la morte, a negarla e rimuoverla in tutti i modi, a medicalizzarla in modo estremo o a renderla a volte poco umana.
Oggi invece ci troviamo all’improvviso catapultati in un contesto surreale, incomprensibile e sospeso, in cui la morte sta invadendo ogni nostro spazio, pensiero e discussione.
“Quanti i decessi di oggi per il coronavirus…” è la notizia principale di ogni programma in TV e il titolo centrale della prima pagina dei giornali. Inoltre le immagini che inondano le nostre case provengono dalle terapie intensive o dalle lunghe file di feretri a cui ci stiamo sempre più abituando.
Oggi purtroppo non possiamo vivere il momento più intenso e umano del morire.
Stare accanto alla persona cara che ci sta lasciando, accompagnarla in modo dignitoso, con la rilevanza enorme che in questi momenti hanno una carezza, un gesto di vicinanza, una parola sussurrata o uno scambio di sguardi.
I bisogni fondamentali del morente sono proprio questi: non essere solo, abbandonato. Sentire la presenza dell’altro che sta vicino, che dà dignità a ciò che sta succedendo e ne condivide le emozioni più forti.
La paura, la solitudine, la perdita, il dolore, la rabbia, l’incomprensione, ma poi anche l’accettazione e la riappacificazione con sé, con gli altri e col mondo, l’adattamento. Tutto questo può succedere solo se qualcuno ci è vicino, in contatto emotivo.
Oggi i famigliari in lutto non possono incontrare i parenti e gli amici per condividere il saluto dei propri cari. Occasione in cui ci si riscopre, si recupera a volte con sorpresa la vicinanza di chi ci sembrava lontano. Ci si riavvicina intorno ad una persona che ha lasciato un segno nella nostra vita e di cui è arricchente condividere racconti, ricordi, esperienze significative vissute insieme.
E ancora, non ci si può abbracciare.
Quanto è importante nella nostra cultura un saldo abbraccio e quante emozioni porta con sé e trasmettiamo all’altro con questo semplice gesto così ricco di significati. Non si può piangere insieme, non si possono manifestare vissuti emotivi e scambiarsi un supporto reciproco.
Tutto questo sarebbe il nucleo indispensabile che permette e facilita gradualmente l’elaborazione della perdita, che ci aiuta a stare dentro il dolore insieme agli altri che ci sono vicini per poterne poi uscire, non da soli. Oggi però tutto questo non è possibile.
Abbiamo però a disposizione mezzi di comunicazione e tecnologie digitali che ci permettono, in qualche modo, di ridurre il senso di solitudine e di lontananza di fronte al lutto. Sappiamo bene che parlarci attraverso uno schermo o vederci in Skype non può sostituire completamente una vicinanza che implica tutti i sensi e il coinvolgimento emotivo che ne deriva.
Possiamo però utilizzarli in questo momento di isolamento e chiusura nelle nostre case, come possibilità di apertura, condivisione e inizio condiviso dell’elaborazione del lutto che continuerà più avanti, quando avremo la possibilità di vivere i riti funebri.
Riti che sono passaggi fondamentali, individuali e sociali, che ritualizzano la separazione e creano un collegamento tra il passato e un futuro.
In cui dovremo affrontare i temi dell’assenza, della mancanza e della diversa presenza del defunto. A questo riguardo mi torna in mente la poesia di Attilio Bertolucci: “Assenza, più acuta presenza”
Allora può risultare significativo concordare un momento di contatto telefonico o in videochiamata per stare insieme ricordando il defunto. Una narrazione che riallacci storie di vita, legami ed esperienze che lasciano un segno da condividere.
Stabilire un momento di silenzio o, per chi è credente, un momento di preghiera in comune.
Così il tempo che abbiamo ora a disposizione può divenire utile anche per pensare insieme, in modo concreto, a come celebrare i riti funebri. Tempo che ora ci viene sottratto dalla fretta e dall’urgenza, che interrompe forzatamente la continuità degli affetti, che ci disorienta, ma che dovremo riprendere in seguito.
È importante saper fare un uso adeguato e consapevole di questi mezzi di comunicazione. Per ora sono un aiuto per arrivare ad un passaggio successivo, quando incontrarci senza schermi tra di noi non sarà più un lusso. Quando ornerà la normalità, forse li sapremo apprezzare ed utilizzare con maggiore consapevolezza e attribuzione di senso.
Di certo dobbiamo essere consapevoli che la comunicazione virtuale non può sostituire completamente i riti funebri. È importante rimandare questi momenti in un tempo adeguato, che ci possa permettere di dare parola alla sofferenza. Rinforzare i legami, quelli veri, vivere i rituali nei loro profondi significati di distacco, saluto e condivisione sociale e religiosa per qualcuno.
Per trovare così le modalità che ognuno di noi ha di adattarsi a situazioni dolorose in modo unico e creativo. La condivisione con familiari, amici, parenti, comunità è il punto centrale da cui partire e da rinforzare.
I dolori personali, se narrati, si attenuano e diventano gradualmente esperienza di crescita e di maturità emotiva.
Forse tutto quello che sta succedendo oggi ci fa toccare con mano gli effetti collaterali della cultura dell’individualismo. Ci fa sentire apparentemente liberi, ma anche profondamente soli nel privatizzare le grandi questioni della vita. Ci fa riempire il nostro tempo di cose da fare, di relazioni fragili e virtuali, tempo a volte svuotato di senso.
Quante volte ripetiamo la frase “non ho tempo.”
Sarà forse l’occasione per prenderci il tempo di vivere con pienezza il tempo che ci è dato.
Un tempo per ascoltare noi stessi in profondità, un tempo per condividere, un tempo per accogliere le sofferenze di chi sta vivendo momenti di dolore e riscoprire gesti di vera solidarietà.
Un tempo per dirci le cose importanti che non abbiamo il coraggio di dirci, un tempo per avere e dare fiducia, un tempo per prendersi cura di noi e dell’altro che ci è vicino e un tempo per imparare a dirci addio.