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Lug 2020
tradimento coppia palazzo chagall
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Salvatore Palazzo “Il tradimento nella coppia”

prefazione di Giuseppe Belotti

 

Non c’è tema più attuale e più dibattuto del tradimento. Questo libro ci apre una grande possibilità di riflessione. Ciò che appare in queste pagine è l’atteggiamento di empatia e compassione per coppie che soffrono e chiedono aiuto per aver patito un infarto affettivo e cercano una soluzione non traumatica, un cammino riparativo, una possibile riabilitazione e ripresa, senza attese miracolistiche e senza illusioni. Nei rapporti d’amore non si può barare o cercare scappatoie, prima o poi si è costretti alla verità: la strada dell’amore non ha scorciatoie.

Nei primi capitoli l’autore si sofferma a disegnare gli scenari, le ragioni, le varie forme del tradimento. Il passato di ciascun partner influenza il presente e anche il futuro: emergono punti sensibili che possono essere legati al rapporto instaurato coi propri genitori, alla qualità del loro matrimonio, alla cultura e ai valori condivisi, alle precedenti relazioni coi pari o con partner precedenti. La storia di vita e le vulnerabilità emotive di ciascuno entrano in gioco, in particolare nelle situazioni di conflitto.

Nei successivi capitoli l’autore mette in luce quanto tradire l’intimità, la passione, il progetto possa causare serie ipoteche sul futuro della coppia. La cronaca del tradimento prende forma con la possibilità di raccontare l’evento del tradire. È sempre bene sospendere il giudizio morale e la colpevolizzazione quando si affronta un tradimento se si vuole favorire l’elaborazione di questi eventi dolorosi e poter promuovere legami fondati sulla compassione, favorire l’integrazione e, forse, una possibile ripresa e maggiore vitalità all’interno della coppia.

 

È sempre importante, per i terapeuti, rimanere calmi per poter intervenire con le parole giuste al momento giusto, senza lasciarsi prendere dalla fretta.

 

Il ruolo del terapeuta non consiste nel prendere le parti dell’uno o dell’altro o presumere, come spesso succede ai partner coinvolti, che vi sia una sola verità che ognuno dei due rivendica di possedere. È sempre facile attaccare e colpevolizzare l’altro. Del resto molte coppie arrivano in terapia dopo aver nascosto sotto il tappeto, per anni, eventi spiacevoli del loro passato.

Creare le condizioni per cercare di riparare la rottura provocata da un tradimento vuol dire anche andare in profondità su cosa conti veramente nella vita e andare al di là di una visione troppo chiusa, egocentrica, narcisista. Chiarire le motivazioni, che cosa o chi li ha spinti a chiedere aiuto a un terapeuta, proprio adesso e non prima, illumina sempre il percorso. L’evento traumatico del tradimento è quasi sempre l’ultimo atto di una mancata manutenzione della relazione. Pensare a delle azioni costruttive e positive anziché continuare a lamentarsi e a criticare il partner può innescare dei cambiamenti prima in se stessi e poi nell’altro.

I terapeuti vanno consultati quando c’è bisogno, non basta il fai-da-te o il consiglio di amici e parenti o di chi ha attraversato e vissuto eventi simili.

 

La tensione che anima il libro fa trasparire una critica latente a una società che produce stereotipi che non aiutano la coppia a cogliere le valenze più profonde dell’amore, creando visioni distorte, alienazione e sofferenza.

 

L’iperedonismo contemporaneo sembra consegnare due opzioni: o cambi partner «ogni tot» per rianimare la vita passionale oppure ti rassegni al «tran tran» quotidiano, vivendo senza desiderio. Sappiamo per esperienza che ogni crisi mette in mostra qualcosa che non va e rinvia spesso a modelli culturali che spingono a facili, veloci e improvvisate soluzioni. Spesso, sotto le macerie di un terremoto coniugale e familiare, trattato con superficialità, restano i più deboli, in particolare i figli.

Fedeltà e impegno sembrano ferri vecchi, da buttare! La cultura dominante presenta infatti l’infedeltà e i ripetuti innamoramenti come vitalità necessaria per tutti: sono spesso modi per non affrontare e risolvere problemi personali profondi. Allora uno pensa solo a sé, ricerca spazi protetti, vive come se non ci fossero legami e affetti!

Succede di incontrare coppie che sono co-residenti, funzionali l’uno all’altro, convivono da single di ferro, senza comunione: come sarà possibile la fedeltà? Ci sono coppie chiuse a riccio, non ossigenano l’aria di casa, non si aprono alla città, agli altri, si espongono ai rischi dell’asfissia: la casa diventa una camera a gas. Critiche al partner, disprezzo, ritiro sulla difensiva e ostruzionismo (il muro) sono i maggiori predittori di fallimento della relazione.

 

Il tradimento o la relazione extraconiugale sono quasi sempre un tentativo, anche se inefficace, di trovare una soluzione a povertà già presenti nella coppia.

 

Abbiamo troppo idealizzato la relazione: bisogna accettare la dimensione di lotta, di conflitto, di confine. Non si tratta di far sopravvivere un rapporto, ma di curarlo, approfondirlo: è essenziale vita interiore e una sana dose di spiritualità! L’assunzione di almeno una parte della responsabilità di un tradimento permette di ritrovare un binario comune.

Se ci si cura, ci si cura insieme: il partner non coinvolto deve rinunciare a fare la vittima! È sempre un grave errore sottostimare lo stress anche del coniuge coinvolto. La cura delle relazioni esige di accettarne le fragilità e la fatica. Ci si ama perché ci si soffre: per curare la relazione bisogna curare la resistenza (resilienza). L’amore vero, quello che resiste e insiste, che non si arrende alle prime difficoltà, è quello che promette l’eterno e non si accontenta di una serata o di una stagione, non affievolisce il desiderio con il passare del tempo ma punta a introdurre l’eternità nella nostra esperienza del mondo.

Che cosa accade agli amori investiti dal trauma del tradimento e dell’abbandono? Quando, nel legame, uno dei due viene meno alla promessa, non è più come prima: il tradimento rompe ciò che si dava per scontato!

 

Succede che, per chi ha già sofferto dei vuoti affettivi, si riviva nel tradimento l’«abbandono assoluto».

 

L’Altro, che era la fonte del bene, il senso della vita, tradisce; la persona a cui si affidava totalmente, si rivela traditore; il volto che era fonte di sicurezza, diventa volto persecutorio, si precipita nel buio. E quindi? Cosa si fa? La logica imperante del capitalismo direbbe: se un oggetto non ti piace più, non ti soddisfa più, non lo senti più per te… no problem! Restituiscilo! Sostituiscilo con una versione più aggiornata!

Bisogna avere invece l’audacia di occuparsi degli amori che non vogliono morire e considerare un aspetto della vita amorosa tanto importante quanto trascurato com’è quello del perdono, una delle prove più alte e più dure che possono attendere gli amanti. Non il perdono come patteggiamento: siccome l’altra volta anch’io l’ho fatta grossa e tu mi hai perdonato, ti perdono anch’io. Non il perdono per ricevere qualcosa (calcolo). Il perdono, come dice il nome, è essenzialmente dono (per-dono), un regalo gratuito e non posso pretendere qualcosa in cambio.

 

Io faccio il primo passo senza sapere che cosa succederà dopo.

 

È un dono. Ecco perché si parla di «elogio del perdono». Se chi ha tradito, che ci ha fatto dire “non è più come prima”, chiede di tornare come prima? Quando si pronunciano parole di rammarico, dolore e rimorso, entra in gioco la possibilità del perdono! È possibile perdonare? Può risultare difficile se si è troppo concentrati sulla propria sofferenza. Si può essere tentati di tirarla lunga nel cercare le ragioni o i torti, nel chiedere promesse o garanzie, prima di accordare il perdono.

La possibilità del perdono può avvenire lungo un percorso di psicoterapia che sostiene il prendersi cura della relazione. Ricuperando la rilettura del vissuto di coppia, riaffiora uno sguardo di responsabilità che non lasci sul terreno letture riduzioniste tra vittima e carnefice, tra innocente e colpevole.

Riparare o metabolizzare la rottura operata da un tradimento non è compito facile. Come tenere viva la speranza quando un partner da solo non riesce a farlo? Continuiamo a credere che il cambiamento è possibile; anche quando le relazioni sono molto compromesse è ancora possibile riuscire a scorgere il barlume di speranza congelato all’interno di una storia d’amore che sembra senza vie d’uscita.

È una sfida accettabile, soprattutto quando ci sono figli in gioco. Davanti al tradimento, alla fiducia messa in crisi, si incontrano anche “chiusure” prive di senso. Altre coppie hanno trovato nuova vita, nuova energia, un percorso più vero e più profondo.

 

«Perdonare l’imperdonabile» è il gesto più radicale dell’amore.

 

Perdonare si può, avviene spesso nelle coppie! Il perdono non è istintivo ma un lavoro che esige tempo. Quando si è disposti a ricominciare, a ri-dialogare, senza la presunzione di avere sempre ragione, il perdono rinvigorisce, aiuta a crescere. Allora troviamo ripartenze formidabili; sappiamo che al braccio di ferro, invece, vince sempre il più forte, non l’amore!

Al di là del tradimento, si ritrova motivazione e energie nuove che permettano di ristrutturare la casa. Ogni scelta presuppone una decisione ben ponderata, non subita, ma decisa: una storia che finisce dopo molti anni di matrimonio o di convivenza, significa anche l’abbandono delle certezze di tutti i giorni. Separarsi dalla persona che conosciamo più di qualunque altra può provocare vere e proprie crisi di ansia, un terremoto vero e proprio.

La casistica clinica arricchisce gli studi teorici sul tema. Nella stanza della terapia c’è la possibilità di riprendere il filo rosso che si è spezzato e, comunque, fare in modo che le macerie di un amore deluso e sofferente non lasci ferite mortali. Si può riprendere il percorso di coppia? Si può non distruggere quanto di buono è stato costruito in anni di convivenza? Resta aperta la speranza?

Ci interroghiamo spesso se la lettura psicologica e psicoterapeutica basti a far luce sui dinamismi dell’amore, del perdono, delle possibili scelte in gioco dopo il tradimento del patto. Quali valori, quale visione del mondo, quale fondamento esistenziale sostiene una storia d’amore? Con quale immaginario e con quale speranza si sono incontrati e messi in quel cammino d’amore?

Resta il problema aperto dei significati ultimi delle scelte di vita, del senso da dare anche alle inevitabili croci e sconfitte che tutti incontriamo nel nostro vivere quotidiano. C’è voglia e coraggio di recupero o predomina il desiderio di chiudere? Si deve cambiare partner o cambiare modo di stare in coppia e nel mondo?

“Ho diritto alla mia vita: inizio una nuova relazione?”. Quali prospettive di vita nuova appaiono all’orizzonte? È norma saggia di guida della nostra vita quella che afferma che “nella nebbia non bisogna accelerare mai”: è un dato di esperienza che illumina i momenti dove viene a mancare lucidità con il rischio di fare scelte improvvisate dettate da reazioni istintive e frettolose più che da una seria rielaborazione dei vissuti.

Gli agiti non sono mai frutto di sapienza e di ponderazione delle poste in gioco. Si può ancora credere in un futuro migliore? La terapia frequenta questi sentieri, aiuta a elaborare scenari di vita.

 

Nel cammino dell’amore non ci sono maestri, siamo tutti apprendisti, stiamo tutti imparando, anche noi terapeuti. È questa umiltà che ci permette di crescere e apprendere ogni giorno di più, grati a tutti quelli che ci raccontano la loro storia.

 

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Giuseppe Belotti, Psicologo e Psicoterapeuta, Direttore Associazione Psicologia Psicoterapia Il Conventino


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